I canti politici


Nella Divina Commedia viene trattato sistematicamente il tema politico nei sesti canti di tutte le cantiche. Nel sesto canto dell'inferno Dante descrive la situazione politica di Firenze del periodo bassomedievale discutendone con Ciacco. Nel sesto canto del purgatorio Dante si trova nell'antipurgatorio tra i morti di morte violenta, dove approfittando dell'affetto tra Dante e Sordello da Goito, fa un'apostrofe contro l'Italia e Firenze parlando delle divisioni politiche interne e della corruzione che stanno portando al crollo non solo del territorio italiano ma anche dell'impero. Nel sesto canto del paradiso, Dante e Beatrice si trovano nel cielo di Mercurio, ove si trovano le anime che hanno fatto del bene per il proprio tornaconto come l'imperatore romano Giustiniano. Il poeta nutre grande ammirazione per Giustiniano poiché quest'ultimo è riuscito ad essere d'accordo con la Chiesa e con la politica. L'anima dell'imperatore confessa di essere molto frustrata per l'uso improprio del simbolo dell'impero romano, l'aquila, da parte dei ghibellini come simbolo di parte, e da parte dei guelfi che lo combattono. Poi Giustiniano fa un excursus dalla creazione di Roma da parte di Romolo, fino alle guerre puniche. Ma fu durante il regno di Tiberio III che l'aquila conobbe il suo momento più alto dato che in quel periodo venne condannato a morte Gesù. Gli uccisori di Cristo furono puniti dall'imperatore Tito con la distruzione di Gerusalemme.

Infine l'imperatore afferma che il valore di giustizia universale dell'impero non può essere usato per interessi di partito.

© 2021 Carlo Martinico
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